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Contro Marcello Foa in Rai, il complotto dei morti viventi

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Nella desolante bocciatura di Marcello Foa, da parte del comitato parlamentare che dovrebbe vigilare sulla lottizzatissima televisione di Stato, si legge in controluce la bancarotta politica e intellettuale di un establishment disperato. A infliggere gli ultimi colpi di coda sono i rottami della Seconda Repubblica neoliberista, finto-liberale e finto-progressista, ridotti a fischiare e demonizzare qualsiasi iniziativa del governo gialloverde, la cui vera e unica colpa è quella di esistere, per volere dei maledetti elettori che hanno osato rovesciare milioni di voti sui 5 Stelle sulla Lega. Neutralizzata dall’ennesima legge elettorale fatta apposta per rifilare al paese il solito inciucio maleodorante, la democrazia è riuscita comunque a infiltrarsi in Parlamento, mettendo in piedi – contro tutti i poteri forti – un esecutivo problematico e squilibrato, pieno di incognite e di falle, ma quantomeno distante mille miglia dalla politica senza speranza e senza verità che aveva stremato l’Italia negli ultimi 25 anni, sotto il dominio del “pensiero unico” dell’austerity interpretato dal falso centrodestra in combutta con l’altrettanto falso centrosinistra. Due pugili suonati, travolti dai rispettivi fallimenti, ma ancora capaci di far male all’Italia, privando il paese della possibilità – storica – di disporre di un presidente Rai antropologicamente diversissimo dai precedessori. Un giornalista di razza: onesto, coraggioso, pulito.
Per contro, il “complotto dei sorci” rende ancora più palese la disperazione degli ex partiti caduti in rovina, specchio perfetto – e piuttosto vomitevole – dei grandi poteri che li hanno utilizzati per decenni, allo scopo di ridurre in cenere la sovranità italiana e svendere il patrimonio nazionale, fino a precipitare il paese in una crisi presentata come fisiologica e incurabile. Sono ancora a piede libero, e armati fino ai denti, i killer politici dell’Italia che fu: possono infatti contare sul plumbeo mainstream cartaceo e radiotelevisivo, lesto nel trasformare in una specie di pazzo visionario un reporter come Foa, allievo di Montanelli, distintosi – nella sua lunga carriera – per equilibrio, indipendenza politica e capacità di fornire opinioni illuminanti e giudizi altamente critici sullo stato delle cose, a cominciare dal giornalismo declassato a far west dove ormai gli “stregoni della notizia” fabbricano quotidianamente le “fake news” suggerite dai governi. Era decisamente troppo, Marcello Foa – troppo abile, troppo trasparente – per essere tollerato dagli omuncoli del Pd e dai loro compari, i residuati bellici ancora al servizio del nonno di Arcore. C’è anche un che di lugubre, nella congiura dei ratti livorosi, pieni di furore per i successi di Salvini: hanno bocciato Foa, ma non hanno niente di meglio da proporre agli italiani. Sanno di non essere nient’altro che cadaveri politici.
Tutti i sondaggi attribuiscono ai gialloverdi un consenso che supera il 60%, senza contare gli elettori di Fratelli d’Italia e quel 27% di italiani che il 4 marzo ha scelto di non votare, nauseato dalle performance dei renziani e dei loro colleghi berlusconiani. In modo sbilenco e “gridato”, tra proclami e slogan che sarà difficile trasformare in provvedimenti legislativi, il nuovo governo è comunque assistito dalla sostanziale indulgenza di un paese che non riesce più a digerire gli zombie che ancora infestano, ventiquattr’ore al giorno, i salotti televisivi. E’ in atto un scontro epocale, socio-culturale prima ancora che politico: il sentimento di rivolta generalizzata, per comodità chiamato populismo, segnala che la narrazione dei leghisti e dei pentastellati ha comunque colto nel segno, visto che risponde a un preciso stato d’animo largamente condiviso. Non sarà più possibile truccare completamente la politica, al punto da spacciare per “riforme” endogene la traduzione sistematica dei diktat dell’oligarchia finanziaria euro-pilotata. I morti viventi ancora in circolazione possono, appunto, sabotare l’elezione di Marcello Foa alla presidenza della Rai. Ma la storia è contro di loro. Si è innescata una sorta di rivoluzione culturale: e più la crisi continua a mordere, meno comprensione ci sarà chi ha osato cestinare un gentleman come Marcello Foa, vero e proprio alieno in questa Italia di roditori in via di estinzione.

Nella desolante bocciatura di Marcello Foa, da parte del comitato parlamentare che dovrebbe vigilare sulla lottizzatissima televisione di Stato, si legge in controluce la bancarotta politica e intellettuale di un establishment disperato. A infliggere gli ultimi colpi di coda sono i rottami della Seconda Repubblica neoliberista, finto-liberale e finto-progressista, ridotti a fischiare e demonizzare qualsiasi iniziativa del governo gialloverde, la cui vera e unica colpa è quella di esistere, per volere dei maledetti elettori che hanno osato rovesciare milioni di voti sui 5 Stelle sulla Lega. Neutralizzata dall’ennesima legge elettorale fatta apposta per rifilare al paese il solito inciucio maleodorante, la democrazia è riuscita comunque a infiltrarsi in Parlamento, mettendo in piedi – contro tutti i poteri forti – un esecutivo problematico e squilibrato, pieno di incognite e di falle, ma quantomeno distante mille miglia dalla politica senza speranza e senza verità che aveva stremato l’Italia negli ultimi 25 anni, sotto il dominio del “pensiero unico” dell’austerity interpretato dal falso centrodestra in combutta con l’altrettanto falso centrosinistra. Due pugili suonati, travolti dai rispettivi fallimenti, ma ancora capaci di far male all’Italia, privando il paese della possibilità – storica – di disporre di un presidente Rai antropologicamente diversissimo dai precedessori. Un giornalista di razza: onesto, coraggioso, pulito.

Per contro, il “complotto dei sorci” rende ancora più palese la disperazione degli ex partiti caduti in rovina, specchio perfetto – e piuttosto vomitevole – dei grandi poteri che li hanno utilizzati per decenni, allo scopo di ridurre in cenere la sovranità Berlusconiitaliana e svendere il patrimonio nazionale, fino a precipitare il paese in una crisi presentata come fisiologica e incurabile. Sono ancora a piede libero, e armati fino ai denti, i killer politici dell’Italia che fu: possono infatti contare sul plumbeo mainstream cartaceo e radiotelevisivo, lesto nel trasformare in una specie di pazzo visionario un reporter come Foa, allievo di Montanelli, distintosi – nella sua lunga carriera – per equilibrio, indipendenza politica e capacità di fornire opinioni illuminanti e giudizi altamente critici sullo stato delle cose, a cominciare dal giornalismo declassato a far west dove ormai gli “stregoni della notizia” fabbricano quotidianamente le “fake news” suggerite dai governi. Era decisamente troppo, Marcello Foa – troppo abile, troppo trasparente – per essere tollerato dagli omuncoli del Pd e dai loro compari, i residuati bellici ancora al servizio del nonno di Arcore. C’è anche un che di lugubre, nella congiura dei ratti livorosi, pieni di furore per i successi di Salvini: hanno bocciato Foa, ma non hanno niente di meglio da proporre agli italiani. Sanno di non essere nient’altro che cadaveri politici.

Tutti i sondaggi attribuiscono ai gialloverdi un consenso che supera il 60%, senza contare gli elettori di Fratelli d’Italia e quel 27% di italiani che il 4 marzo ha scelto di non votare, nauseato dalle performance dei renziani e dei loro colleghi berlusconiani. In modo sbilenco e “gridato”, tra proclami e slogan che sarà difficile trasformare in provvedimenti legislativi, il nuovo governo Martina, Delrio e Orfiniè comunque assistito dalla sostanziale indulgenza di un paese che non riesce più a digerire gli zombie che ancora infestano, ventiquattr’ore al giorno, i salotti televisivi. E’ in atto un scontro epocale, socio-culturale prima ancora che politico: il sentimento di rivolta generalizzata, per comodità chiamato populismo, segnala che la narrazione dei leghisti e dei pentastellati ha comunque colto nel segno, visto che risponde a un preciso stato d’animo largamente condiviso. Non sarà più possibile truccare completamente la politica, al punto da spacciare per “riforme” endogene la traduzione sistematica dei diktat dell’oligarchia finanziaria euro-pilotata. I morti viventi ancora in circolazione possono, appunto, sabotare l’elezione di Marcello Foa alla presidenza della Rai. Ma la storia è contro di loro. Si è innescata una sorta di rivoluzione culturale: e più la crisi continua a mordere, meno comprensione ci sarà chi ha osato cestinare un gentleman come Marcello Foa, vero e proprio alieno in questa Italia di roditori in via di estinzione.


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